venerdì, marzo 31, 2006

Più chiaro di così!

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MF giovedì 9 giugno 2005
Contrarian

Perché l'euro non è il dollaro

Pochi giorni prima dei referendum sul trattato Ue, la stampa europea e americana ha dato grande risalto a un'analisi di Menzie Chinn (Università del Wisconsin) e Jeffrey Frankel (Harvard), due numi dell'economia monetaria internazionale, su quando e come l'euro avrebbe potuto sopravanzare il dollaro come principale valuta internazionale di riserva. Il lavoro conclude che l'euro potrebbe superare il dollaro, in quanto valuta di riserva, entro il 2022 sempre che entro il 2020 gli altri paesi dell'Ue facciano parte dell'unione monetaria. Soprattutto la Gran Bretagna, che porta con sé la piazza finanziaria di Londra.
È ancora valida questa analisi dopo gli assordanti no ai referendum sulla ratifica della Costituzione Ue? Più interessante delle conclusioni puntuali è il metodo seguito dallo studio: il calcolo del valore d'opzione dell'euro come valuta di riserva. Un metodo analogo è stato seguito dalla Banca centrale europea (Bce), che ha computato i valori di opzione delle monete di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria rispetto all'euro nell'ipotesi di un loro eventuale ingresso nella moneta unica, mantenendosi neutrali rispetto ai rischi: la conclusione cui si è giunti è che il prezzo di opzione dello zloty polacco è molto reattivo alle informazioni sugli andamenti politici mentre quelli della corona ceca e del fiorino ungherese seguono un percorso sistematico e prevedibile. Tanto da far ritenere probabile un aumento dei tassi d'interesse ungheresi nell'eventualità di un'adesione all'euro.
Anche in Italia c'è chi studia il valore d'opzione dell'euro come valuta di riserva internazionale. In un lavoro in pubblicazione, a fine luglio, Lucio Mazzanti (Università di Roma. Tor Vergata) calcola non se e quando l'euro soppianterà il ruolo del dollaro, ma qual è oggi il valore dell'opzione attiva immediatamente esercitabile, sempre che si lo voglia fare. In breve, se la esercitasse, la Bce potrebbe contare su una quota del 28-30% del signoraggio. Cosa vuol dire tutto ciò in soldoni? Nel '900 c'è stato un condominio tra sterlina e dollaro come monete di riserva internazionale, con la moneta britannica prevalente anteriormente alla prima guerra mondiale e quella americana successivamente. Dalla seconda guerra mondiale in poi, il signoraggio è tutto degli Usa: dato che stampare un dollaro costa 3 cent, il signoraggio ammonta a 97 cent (poiché il dollaro, una volta stampato, viene impiegato per comprare merci e servizi). L'euro si pone come uno sfidante nei confronti del dollaro: ha un'opzione call il cui sottostante è il flusso dei benefici annui derivanti dal signoraggio e il cui strike è l'investimento aggiuntivo per accedere all'opzione. Al di là degli aspetti più squisitamente tecnici, ciò vuol dire che, nonostante i contraccolpi dei referendum, l'euro vale e può contare anche molto di più. L'economia reale dell'area dell'euro è analoga a quelli degli Usa in termini di output e di commercio ma l'Ue e l'unione monetaria sono ancora molto indietro se si considerano i mercati finanziari (eloquente la quota del signoraggio relativamente modesta rispetto a quella dell'economia reale). La raccomandazione abbastanza esplicita è ´ridurre il divario'. Ciò vuole anche e soprattutto dire abbattere le paratie ancora esistenti nel mercato finanziario, bancario e assicurativo europeo.

MF - Mondo & Mercati
Numero 113, pag. 6 del 9/6/2005